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Il ghiaccio

Dopo il nostro ultimo articolo dedicato ai bartender oggi torniamo a parlare di questo mondo spostando l’attenzione su preparazioni e ingredienti, uno in particolare, come avrete intuito dal titolo di questo articolo.

Quanto spesso vi è capitato che un cliente vi chiedesse un cocktail con più alcol e meno ghiaccio? Dite la verità! Quest’ultimo spesso viene guardato con sospetto, come se stesse sottraendo il posto ad attori più importanti. Beh, nulla di più sbagliato: il ghiaccio è, a tutti gli effetti, uno degli ingredienti fondamentali nella creazione dei drink. Perché? Scopriamolo insieme.

L’importanza del ghiaccio: temperatura, diluizione ed estetica

Sì, è vero, abbiamo spoilerato nel titolo di questo paragrafo i motivi che rendono il ghiaccio uno dei più fedeli e indispensabili alleati del buon barman, ma d’altronde sono davvero semplici ed intuitivi.

Cosa rende piacevole un drink? Come si presenta, la sua bassa temperatura (fatta eccezione per quelli creati per essere serviti tiepidi o addirittura caldi) e la giusta diluizione. La maggior parte dei cocktail, infatti, ha necessariamente bisogno del giusto grado di diluizione, proprio in virtù dell’elevata gradazione alcolica che, attenzione, non cambia con il ghiaccio, ma viene attenuata a livello gustativo, rendendo quindi la bevuta più gradevole.

Raffreddamento e diluizione sono, quindi, strettamente legati, tanto che non esiste l’uno senza l’altra. Questo perché il ghiaccio, per sua natura tende a sottrarre calore a ciò che lo circonda, in questo caso il liquido del drink, per portarsi a una temperatura maggiore. Tale scambio di energia, o meglio, tale quantità di energia necessaria per riscaldarsi, è detta calore specifico.

In questa fase:
– il ghiaccio aumenta la sua temperatura
– il drink si raffredda
– non avviene diluizione.

Quando il ghiaccio raggiunge la temperatura di 0°C inizia il passaggio di stato, da solido a liquido – esistendo, infatti, solo a temperature al di sotto dello 0°.
Ha inizio così la diluizione.
Il calore necessario perché avvenga questo passaggio di stato è detto calore latente di fusione.

Tutto questo è chiaramente valido quando la temperatura del ghiaccio utilizzato è molto bassa, come -18°C, settaggio canonico dei freezer.
Sappiamo bene però che, durante il servizio, il ghiaccio usato difficilmente è quello appena tirato fuori dal freezer, quanto piuttosto quello conservato nei bin di stoccaggio o vasche della station, e sarà quindi già molto vicino a 0°C.
Ciò significa che la diluizione sarà istantanea.

Ciò che influisce, quindi, sui tempi di raffreddamento e diluizione sarà la quantità.

Quantità di ghiaccio e superficie di contatto

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La quantità del nostro importante ingrediente è determinante, in quanto la velocità di raffreddamento e diluizione dipende dalla superficie del ghiaccio a contatto con il drink, dove avviene lo scambio termico.
Va da sé che più questa è grande, maggiore è la velocità di raffreddamento.
Detto in altre parole più ghiaccio equivale a maggiore superficie, e raffreddamento e diluizione più rapidi.

In tutto ciò può incidere la forma del ghiaccio utilizzato? Sì e no. Come abbiamo detto la superficie a contatto è ciò che conta.
Quindi, volendo fare un esempio, tra cubetti di ghiaccio, una sfera o un chunk dello stesso peso, a parità di tempo e di temperatura sia del ghiaccio che del drink, i cubetti raffredderanno più velocemente il drink e genereranno più diluizione, avendo una maggiore superficie di contatto che rende così più veloce l’assorbimento di calore da parte del ghiaccio.

Quando, quindi, ha senso impiegare diverse forme di ghiaccio?

La forma del ghiaccio: sfere e chunk

Forme diverse dai classici cubetti possono essere utilizzate non solo, banalmente, per una questione estetica, ma per limitare la diluizione in alcuni drink in cui vogliamo sia più lenta.

Per i drink che necessitano di una diluizione più rapida per la loro bevibilità, la scelta migliore resta quella dei cubetti, in abbondante quantità, poiché altre forme, come la sfera, porterebbero il cliente a dover aspettare prima di poter consumare il proprio drink – non proprio simpatico!
Se questo però viene opportunamente raffreddato e diluito tramite shaker o stir, la scelta di un diverso tipo di ghiaccio per il servizio nel bicchiere potrebbe essere presa in considerazione.

In definitiva, dunque, sfere e chunk possono essere utili per controllare e limitare la diluizione, così come ingredienti, bicchieri e strumenti molto molto freddi.

Estetica del ghiaccio

Abbiamo lasciato per ultimo un tema che, forse un po’ per sua natura, sembra frivolo, ma che frivolo non è per nulla.
Non è forse vero che un piatto lo si mangia prima con gli occhi? Vale lo stesso per il mondo beverage: una bibita che “frizza”, una birra dalla bella schiuma, un vino dal colore suadente e un cocktail ricco di ghiaccio.

Poco ghiaccio in superficie non è mai invitante, al contrario genera in chi lo vede un senso di trascuratezza, non solo nella preparazione e, quindi nel gusto, ma anche nella conservazione degli ingredienti come il ghiaccio stesso – senza contare che, come abbiamo visto finora, maggiore è la quantità di ghiaccio, maggiore sarà la velocità di raffreddamento e di diluizione.

Anche usare forme diverse – sempre dopo averne appurato la reale utilità – può rendere un drink più scenografico e invogliarne la bevuta.

Il suo impatto estetico sul consumatore si riflette anche sui social, uno tra tutti TikTok, dove l’hashtag #icetok ha attualmente 2 miliardi di visualizzazioni, tra video, homemade e professionali, di tipologie di ghiaccio tra le più disparate, di colori e forme diverse.

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Molti sono i locali, in giro per il mondo, che hanno seguito e cavalcato questo trend, creando delle vere e proprie opere d’arte per i loro drink di punta.

E voi, seguirete questa tendenza o continuerete a usare i classici e mai fuori moda cubetti di ghiaccio?

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